Toronto, Un Mese.

Solo trentadue giorni e fuori è ancora buio. La playlist è sempre la stessa, quella della partenza perché sfido chiunque a scrivere senza musica.

Mi ero ripromessa di stare nel mio, appuntare qualcosa sulla moleskine – rossa per il Giappone, nera per il Canada – e condividere Bellezza, senza impegno. Però fissare un punto, tutto sommato, è sempre un modo per tenere alti gli obiettivi.

Oggi è arrivata una mail che aspettavo da un po’. Certo, cose belle che riguardano la vita da questo lato del mondo che mi fa sentire così in pace con l’altro. Vi risparmio quelle stronzate “good vibes et similia” che fanno tanto spot sammontana anni Novanta.

Oggi è arrivata questa mail, mentre ascoltavo Nessun Dorma, Turandot (Puccini). Quanta italianità in un solo momento, da restare sospesi. E pensavo che di tutte le cose apprezzate qui, io esporterei la concezione di tempo ragionevole.

Ma andiamo con ordine. La questione tempo ce l’ho a cuore da sempre, forse anche prima degli studi in Filosofia. Mi piace capire il tempo degli altri e dei posti che vedo. Forse lo faccio per non perdere il mio. Un tempo esteriore per il Giappone, irrazionale per l’Italia e potrei continuare per ore.

Dopo la prima settimana, ti accorgi subito che qui c’è un tempo per tutto e sei tu a sceglierlo (forse perché sei sempre nelle Americhe). Hai bisogno di una programmazione, perché la domanda che sentirai più spesso sarà: “Che programmi hai?”. E vi assicuro che c’è poca semplicità nel rispondere. Un po’ perché sei italiana e vivi alla giornata, un po’ perché Roma ce l’hai tatuata addosso e figurati se hai un planning quando non puoi contare neanche sulla metro. Un po’ perché hai fatto il biglietto per l’altro lato del mondo in due settimane, e quindi le persone non cambiano mica.

Comunque ci provi, ti adatti. E lo fai per lo stesso motivo: sei italiana e dio solo sa quanto siamo bravi in questo.

Programmi, quantifichi, bilanci e pianifichi ancora. E tutto si incastra e perdi un po’ di inquietudine ed insonnia che ti trascini dietro da un paio d’anni. E se da una parte è tutto così nuovo e diverso, dall’altra è ragionevole e naturale e non temi più niente.

Ci sarebbero tante altre cose da dire: l’ affanno analfabeta quando non trovi le parole per esprimerti, gli incontri, gli abbracci di una famiglia che non rivedevi da dieci anni, Chiara che fa venir voglia di essere migliore, i sentieri da sola che spaventano molto, la Musica, gli scoiattoli bastardi e il Cinema. Il Cinema e ancora il Cinema, ma ci vorrebbe davvero troppo.

Odio le citazioni, ma c’è questa canzone italiana che ascolto sempre in metro la sera, prima del rientro. E questa frase che, devo ammetterlo, mi piace molto.

“[…] Devi avere una visione e va oltre la visuale // non è da dove vieni ma è dove vuoi arrivare“, Ghemon.

Milk