TIFF19 | THE TWO POPES – La recensione

Dopo l’atteso The Irishman di Martin Scorsese, una nuova produzione firmata Netflix è in arrivo, presentata lo scorso Settembre al Toronto International Film Festival. Sto parlando di The Two Popes del regista brasiliano Fernando Meirelles (City of God, Blindness), in uscita il prossimo 20 Dicembre su Netflix Italia.

Grazie alla collaborazione con lo sceneggiatore tre volte candidato all’Oscar Anthony McCarten (The theory of everything, Darkest hour, Bohemian Rapsody) Meirelles punta la camera su uno dei passaggi di potere più drammatici della storia occidentale.

Frustrato dalla direzione intrapresa dalla Chiesa, il cardinale Bergoglio (Jonathan Pryce) chiede il permesso di ritirarsi a Papa Benedetto (Anthony Hopkins). Papa Benedetto convoca, invece, il cardinale nonché suo futuro successore a Roma, per rivelare un segreto destinato a scuotere le fondamenta della Chiesa Cattolica. L’incontro tra questi due uomini così diversi sarà l’occasione per elaborare il passato, terreno di scontro tra tradizione e progresso, e per un nuovo dialogo decisivo sul futuro di un miliardo di fedeli di tutto il mondo.

Quanto detto finora non è certo uno spoiler, è storia ed anche abbastanza recente. Quindi, potrei anticiparvi che The two popes è un racconto che si muove su diversi piani: il biopic sui due pontefici, l’analisi critica della politica vaticana e, last but not least, una storia di amicizia e grande stima tra due intellettuali. Se gli ultimi due aspetti sono una valida prova di narrazione entusiasmante ed intrattenimento, il primo, invece, inciampa più volte nel didascalico e ripetitivo, perdendo di originalità proprio in quei flashback che forzano il registro usato per tutto il resto del film.

The two Popes è una storia laica tra due teologi, due fratelli in Cristo, con due opposte personalità. Da una parte c’è Bergoglio ( Jonathan Pryce), un rivoluzionario sudamericano e gesuita, impaziente sulla linea dura del tedesco Ratzinger. Dall’altra, appunto, Papa Benedetto XVI ( Anthony Hopkins), simbolo di autorità e tradizione . Al centro di questo scontro, c’è il futuro della Chiesa Cattolica e dei suoi fedeli, su uno sfondo di scandali e crisi politica ed ideologica.

I due protagonisti scendono in campo come in una finale dei Mondiali FIFA, manifestando la loro dimensione spirituale antinomica per 125 minuti in un modo avvincente. L’interazione è un trionfo di ironia ed esaltazione di intelletti attivi – per fare il verso alla Patristica – che garantisce da subito la riuscita del film.

Peccato per le forzature dei flashback al servizio della ricostruzione biografica di Bergoglio, dove lo stravolgimento dei toni sembra un fastidioso ed improvviso pop up che fa fatica a chiudersi. La sensazione è quella di voler compiacere a tutti i costi con una rappresentazione melensa e dicotomica, come a doversi immedesimare a tutti costi con il Papa – uomo popolo, tanghero ed appassionato di calcio. In un solo aggettivo: umano.

In realtà, è proprio a causa di questa forzatura narrativa che Bergoglio appare meno intrigante , nonché resti un personaggio amabile, mentre Ratzinger, storico ingessato ed ermetico, ci conquista nei suoi religiosi silenzi, sottolineando il suo essere pedina all’interno di un disegno provvidenziale divino.

Menzione d’onore (attenzione spoiler alert): Bryce Dessner per aver scelto un grande classico degli ABBA in una scena già cult.