Pier Daniele Seu, il re della pizza | Intervista Hitchcock – Truffaut 2.Seu

Pier Daniele Seu è quello che chiamo un bell’incontro, nonostante ci siano voluti mesi per capirlo.

Un successo sulla bocca di tutti che ha portato questo giovane pizzaiolo di Ostia a vincere il premio Promessa 2018 conferito da I Cento – Roma a Novembre 2017. Ed è proprio lì che lo incontrai la prima volta, senza restare troppo impressionata. In quell’occasione vidi solo un ragazzo sicuro di sé, curato nel minimo dettaglio con un sguardo fiero, forse  un po’ spavaldo. Tutto questo Pier Daniele lo sa, sa che c’è una prima impressione, quella più diffusa, che avvolge e fortifica il suo stesso personaggio.

Poi, però, è arrivato anche per me ‘il momento degustazione Seu pizza’ e si è aperto il mondo, il suo. Ho capito che tutto poggiava su radici forti, passioni e la consapevolezza acquisita negli anni in un percorso autodidatta. Ho pensato, inoltre, che se la sua pizza fosse stata un album musicale, sarebbe stato “My beautiful dark twisted fantasy” di Kanye West (2010), un disco che ha segnato la storia del rap e non solo. Come sono convinta sarà destinato a fare lo stesso Pier Daniele con la sua pizza nel mondo della ristorazione.

In sintesi: aprite spotify, cercate l’album di Kanye e godetevi questo viaggio nel mondo Seu.

Nato e cresciuto a Roma, con sangue sardo (Villaputzu) e friuliano (Trieste). Quanto hai dentro della tradizione culinaria di regioni così diverse?

Come ti hanno influenzato?

Una piccola premessa: io non provengo da una famiglia di cuochi. Tutto quello che mi porto dentro, lo devo ai miei nonni.

Dal lato paterno, ho appreso l’attenzione per la materia prima. Penso a mio nonno e alla sua terra. Immagina cosa sia significato crescere tra le sue mandorle, fichi, olio, vino… un paradiso!

Dal lato materno, ho assorbito l’uso del burro nelle preparazioni e l’amore per un piatto tipico triestino: le patate in tecia. Come puoi vedere, mi porto dentro un bel mix di cucine e tradizioni.

Un padre docente di Economia aziendale a capo di una società che amministra condomini (il tuo primo impiego, ndr) e una madre psicologa.  Che rapporto hai con loro?

Parto da mia madre perché sono cresciuto con lei. Il nostro è un rapporto di complicità, fuori da rigidi schemi. Nonostante la mia anima ribelle, lei è riuscita a non mettere limiti e a lasciarmi vivere –leggi anche sbagliare – seguendo i miei istinti. È stata una mamma confidente e amica, anche per via dei nostri caratteri così simili.

Mio padre, invece, è un uomo molto testardo e taciturno. Negli anni passati, ci sono stati diversi periodi di scontro e discussione. Oggi abbiamo un rapporto che ha raggiunto il suo equilibrio naturale, fatto di rispetto, affetto e momenti di grande silenzio.

Prima il lavoro nella società di tuo padre, poi la pizza. Nel 2009, infatti, lasci tutto per dedicarti alla tua vera grande passione. C’è stato un incontro che ha inciso su questa scelta?

No. Mi è sempre piaciuto cucinare, forse perché cucinavo in casa quando mia madre era assente per lavoro. Lei stessa fu la prima a suggerirmi di pensare alla ristorazione come un percorso da intraprendere per il mio futuro.

Inizialmente non ci diedi peso per due ragioni: poca convinzione ed immaturità. Qualche anno fa, infatti, ero focalizzato su tutt’altro: moda, divertimento, palestra. Hai presente Uomini & Donne? (ride!). È imbarazzante ammetterlo, ma ero proprio lontano dall’uomo che sono adesso.

In quel periodo litigai con mio padre per questioni di lavoro e decisi di fare un corso amatoriale di pizza ad Ostia, dove vivevo. Non mi entusiasmò, ma iniziai a lavorare come aiuto pizzaiolo in uno stabilimento balneare di un amico.

Poi ci fu un altro periodo di dubbio e tornai a lavorare per qualche mese nella società di mio padre. Di lì a poco, capii che il mio destino viaggiava su un altro binario.

E poi?

Il primo periodo è stato molto difficile, perché ero un ragazzo molto disordinato, un po’ forastico. C’è voluta tanta pazienza che ha mi fatto innamorare, giorno per giorno, di questo lavoro.

Di lì a poco è arrivato Mastro Titta, i tre anni più duri della mia vita che mi hanno portato a mettere da parte rapporti, hobby e ogni divertimento. Il mio turno era 5 pm – 5 am… capisci che c’era davvero poco tempo per vivere, data la stanchezza fisica e mentale che mi portavo dietro.

Sono stati anni difficili con diversi problemi derivati da uno stile di vita completamente sballato. E per ritornare alla tua domanda iniziale, credo sia stato proprio questo periodo a portarmi qui, dove mi trovo ora.

Ero solo, dovevo contare solo sulle mie forze e dovevo farcela. È un tipo di esperienza che consiglio a tutte le persone, non solo di questo settore. È importante stare da soli per capire il proprio valore, ma anche i propri limiti.

Hai mai pensato ad un piano B?

Assolutamente no. Sono una persona abbastanza intelligente, ma non faccio nulla di fuori dall’ordinario.

Non salvo vite, non faccio operazioni a cuore aperto… Faccio un lavoro artigianale che richiede testa, costanza e attitudine. Se ci sono questi elementi ce la fai, motivo per cui non mi sono mai posto il problema del piano B.

Back 2 Pizza. Hai collaborato ed ottenuto il riconoscimento dei più grandi panificatori e maestri del settore.  Ci sono stati momenti in cui hai pensato di mollare?

Tanti momenti negli anni dal Titta. Avevo 24 anni e capisci bene la difficoltà di reggere lo  stress in un momento di transizione come quello.

I miei amici uscivano, si divertivano e io ero lì sommerso dall’ ansia di arrivare, perché di base sono un grande impaziente.

Il passaggio da Titta al Gazometro 38 ha sicuramente dato il via ad un nuova fase della mia vita. È stato un altro tassello del puzzle che mi ha fatto crescere e prendere consapevolezza di ciò che non volevo fare o essere.

In che senso?

Ho capito che tipo di imprenditore e proprietario sarei voluto diventare, l’importanza delle materie prime, il rispetto per i lavoratori… ho acquisito una visione di insieme.

E che tipo di boss sei?

Sicuramente esigente perché lo sono prima di tutto con me stesso, ma mai rigido. Mi piace il confronto, il rispetto e fare gruppo. Tutto questo è più semplice quando si lavora tra amici, motivo per cui nel mio team ce ne sono tanti.

Qual è la tua fonte di ispirazione?

Tutto, senza schemi prefissati. Le mie pizze, se ti riferisci a quello, nascono da viaggi, moda, colori, programmi televisivi, film, ricordi. Tutto.

C’è qualche chef con cui ti piacerebbe collaborare perché ancora assente nella tua lista?

Ce ne sono tanti… i primi che mi vengono in mente sono Grant Achatz, Alessandro Miocchie Giuseppe Lo Iudice di Retrobottega.

Ho sempre considerato la ristorazione come un sistema estremamente selettivo, ma tra i pochi meritocratici. Negli ultimi anni si sono affermati tantissimi nuovi talenti che hanno portato una ventata di novità, dando vita ad una ‘spettacolarizzazione’ della stessa figura dello chef, pastry chef e pizzaiolo. Cos’è la cucina per te?

La cucina è amore e ossessione, qualcosa che ti assorbe totalmente. La più grande fortuna è stato trovare una compagna con cui condividere tutto questo.

E cosa pensi della ristorazione romana di oggi?

Penso che si stia evolvendo grazie ai tanti giovani che sono riusciti a farsi strada negli anni.

Io ed altri colleghi siamo stati una sorta di ponte tra la vecchia e nuova scuola, testimoni di una vera e propria trasformazione del nostro mestiere di artigiani. Per esempio, penso alla classica maglietta bianca sostituita dalla giacca. Potrebbe sembrare una semplice tendenza, ma sono proprio questi dettagli ad aver reso possibile la nostra rivoluzione.

Classe 1987, pizzaiolo, imprenditore di due locali: La Pizza di Pier Daniele Seu al Mercato Centrale, Stazione di Termini e Seu Illuminati inaugurato a Marzo, zona Trastevere. Dimmi il segreto per riuscire in tutto questo, altrimenti inizio a pensare davvero che tu abbia i super poteri.  

Io ho dei superpoteri (ride!). Non c’è un segreto. Sicuramente posso ‘svelarti’ che il successo non va cercato, altrimenti si perde di vista ciò che siamo e cosa ha fatto iniziare tutto.

Gli incontri sono molto importanti, motivo per cui sarò sempre riconoscente a Gabriele Bonci, che mi ha in qualche modo catapultato in questo mondo, condividendo con me e con tanti altri colleghi, l’universo che si porta dentro.

Tutto quello che sto diventando lo devo a lui.

Valeria, compagna di vita e socia. Sappiamo tutti che dietro il successo di un grande uomo c’è una grande donna. Ora, però, raccontaci come le hai chiesto di sposarti.

Il giorno dell’inaugurazione di Seu Illuminati, durante una cena di famiglia con le persone più care. E sì, mi sono inginocchiato davanti al bancone delle birre.

Seguendo i tuoi profili social (IG: pierdanieleseu, seupizzailluminati; FB: Pier Daniele Seu,  Seu Pizza Illuminati)  emerge una grande addiction: le sneakers, non una semplice scarpa di gomma, ma un vero e proprio culto che, nel 2023, compierà ben 100 anni. Qual è la tua top three? Ma soprattutto, quante ne hai?

Ciao, mi chiamo Pier Daniele e sono uno sneakershead (ride!). Parto dalla domanda più semplice: ne ho circa duecentocinquanta, più di quelle possedute dalla mia compagna.

Top 3: Jordan 1 Bred, un classico che ha fatto la storia, la prima signature shoes  fatta per Jordan nel 1985. Yeezy per Adidas, così ne cito una del presente; Valentino, riferendomi sia alle sneakers sia alle scarpe eleganti, che prima indossavo di più.

Il concetto – chiave dello scrivere è scrivere, su questo siamo tutti d’accordo. Non ti nego, però, che nonostante abbia chiaro il motivo per cui qualcuno si diletti in questo esercizio di stile – per fare il verso a Queneau – mi ha davvero impressionata la scoperta della tua vena poetica. 

In sintesi, esiste un Seu poeta riflessivo con un animo empatico e malinconico che non sembra riflettere l’idea che abbiamo tutti di te. È il tuo Alter ego?

No, non è un alter ego, ma la parte più vera che esce solo nei rapporti autentici e nella poesia.

Ho iniziato a scrivere dopo una grande delusione amorosa. Ero in un periodo molto difficile e di forte stress, dove pensavo solamente in rima e scrivevo di notte, nei momenti morti del servizio.

Mi capita ancora di scrivere e sempre in particolari momenti di tristezza. Non succede mai quando sono felice.

Che musica ascolti quando lavori ?

Quando hai tanti dipendenti, capita di ascoltare di tutto: dal reggaeton a Gigi Finizio, a Mozart senza dimenticare Kanye West.

Personalmente ho vissuto tante fasi musicali: punk, punk melodico con i Blink 182e Sum41 quando facevo skate, dark – ereditato da mia sorella –rap con Colle der Fomento, Cor Veleno, ma anche i Club Dogo.

Quanti tatuaggi hai?

Non li conto più, ma ne ho diversi. Sono fermo da un paio di anni, perché aspetto l’ispirazione giusta visto che seguono tutti un filo logico. Ho un ‘7’ sul piede, il mio numero, un altro dedicato alla scomparsa di un amico, ‘sempre in gamba’, una frase che mi ripeteva mio nonno, una matrioska per mia madre, una rosa per una relazione sentimentale terminata, un diamante, un aereo di carta perché amo i viaggi, e poi mi sono tatuato tutta la mia famiglia con la corona di Basquiat sulla mia testa. Vorrei completarmi il braccio destro.

Domande alla tempia.

un ristorante estero: Alinea

una colazione: su una spiaggia di Ibiza

una città: Miami o NY

una sbronza con: sono un lucidone, nessuna sbronza (ride!) Ok, se proprio vuoi un nome: Michael Jordan

un lento: Valeria

luna di miele: Thailandia o la Route 66

un viaggio con: i miei figli quando ne avrò

un concerto: Kanye West

un cinema con: mia mamma

un film: He got game, Spike Lee

un libro: Diario del seduttore di Kierkegaard

una tua pizza: quella che inventerò

Prossimi progetti (spoiler ben accetti).

Ci sarà sicuramente un’altra apertura, ma non so ancora dirti dove.

Inoltre, mi piacerebbe investire il mio tempo in un progetto in Sardegna, valorizzando le terre di nonno. Questo è, forse, il mio sogno nel cassetto.

Quando non impasta e fa quadrare i conti, cosa fa Pier Daniele per essere felice ?

Non so risponderti, perché è difficile parlare di felicità raggiunta quando sei una persona così consapevole.

Posso dirti cosa vorrei fare per un po’ di serenità. Mi piacerebbe viaggiare tanto, perché in questi anni mi sono dedicato solo al lavoro.

E poi, sperando di non sembrare ripetitivo, vorrei avere una famiglia.

Ringrazio Pier Daniele per la disponibilità e la gentilezza nel dedicarmi tempo per questa intervista.