JULIETTE E IL QUADRO

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a Carmelina

23 dicembre 2011Bruxelles, Mercato dell’antiquariato del Sablon.

Carla non era mai venuta a trovarmi. Mai in sei anni, da quando ero andata via di casa. Fu una vera sorpresa averla con me in quella città straniera, prima del ritorno in Italia per le vacanze natalizie.

Carla era sempre stata una donna che amava viaggiare e lasciarsi stupire. L’invadenza, invece, non le apparteneva. E credo sia questo il motivo della scarsa frequenza dei nostri incontri.  In quei giorni ci divertimmo tantissimo. Le luci di Natale, le cioccolate calde, i sorrisi della gente. L’ultimo giorno la portai al Mercato di Sablon, consapevole che avremmo trascorso l’intera giornata a cercare qualcosa di raro e prezioso come ricordo di una memorabile vacanza.

15 marzo 2014

Chiamai Felicia nel cuore della notte. Le spiegai tutto, specificando che avevamo ormai poco tempo.  Felicia era una mia collega ed ex compagna universitaria. Avevamo condiviso tanti anni insieme a Milano, oltre l’esperienza erasmus a Bruxelles. Quel periodo fuori dall’Italia servì ad entrambe per superare lo stress della tesi, che era niente rispetto a quello che ci sarebbe toccato di lì a poco con le specializzazioni e la pianificazione del suo matrimonio (ebbene sì, mi scelse anche come testimone). Insomma, Felicia era una vera amica su cui sapevo di poter contare. Mi rassicurò subito, pronta a seguirmi nella più importante delle missioni che la vita mi aveva posto davanti.

Felicia aveva custodito in tutti questi anni il quadro che Carla comprò al mercatino di Sablon, a Bruxelles in quel giorno di dicembre.  Non so ancora perché non lo recuperai prima. Credo per pigrizia o perché nella vita le priorità si alternano continuamente senza un criterio logico e ben definito. Felicia aveva la possibilità di far viaggiare il quadro in Business class, tramite amicizie del padre. Giunto diversi mesi dopo in Italia, non ce ne preoccupammo più. E non posso negare che se oggi non avessi l’urgenza di riportarlo alla legittima proprietaria, sarebbe ancora sotto la sua custodia.

Poche ore dopo ero già in Via Como davanti il loft della mia vecchia amica. Ci abbracciammo, preferendo il silenzio. Poi mi portò nella camera degli ospiti e lì finalmente ritrovai il mio tesoro. Emanava una strana luce come la prima volta che lo vidi tra copie abbandonate e quadri di pittori sconosciuti, poggiato sopra vecchie ferraglie arrugginite del mercantino di Sablon. Il mio tesoro era la perfetta copia di un famosissimo dipinto impressionista: La colazione dei canottieri di Pierre- Auguste Renoir.

Ricordo perfettamente quando chiesi a Carla il perché di quella scelta tra centinaia di quadri. E come sempre una semplice e disarmante risposta: ‘Ma come Juliette non li riconosci? Quella è la mia famiglia. Siamo tutti noi. Sono tutti i miei amici formidabili. Ho sempre amato l’autenticità di questo dipinto. Renoir raffigurò i suoi amici e la sua futura moglie come in un allegro simposio. In pratica quella che era la sua seconda famiglia. E sì, cara Juliette, perché vedi…gli amici e il compagno di una vita sono questo: una seconda famiglia. Tienilo sempre a mente, piccola. C’è anche una famiglia che ti puoi scegliere e io credo di averla scelta bene’.

Queste parole continuavano a martellarmi le tempie. Dovevo muovermi, dovevo portare quell’unico oggetto che ancora aveva valore. L’unica cosa materiale che poteva strappare un sorriso alla mia Carla.

Tempo fottuto tempo.

16 marzo 2014

Avevano dimesso Carla da un paio di giorni. Ormai i colleghi medici nostronori avevano sentenziato ed io sapevo bene cosa volesse dire.

Ci toccava solo attendere la fine più naturale di tutte quelle improvvise e devastanti sofferenze. Ma come si può accettare la previsione di una morte? E come potevo accettare che fosse proprio Carla la vittima?

Avevo con me il piccolo scrigno ‘renoiriano’. Non l’avevo mai lasciato incustodito durante il viaggio, anche quando i numerosi passanti  cercavano di aiutarmi nella salita e discesa dal treno. Nessuno poteva toccarlo, neanche contaminare la carta che avvolgeva la copia preziosa, stretta da sottili fili di corda. Era come il più bel regalo di Natale scartato da un bambino.

Salii le scale due a due, tenendo quel peso tra le braccia che ormai facevano sempre più fatica. Cercavo di respirare profondamente per trattenere le lacrime.

Dov’è ? Dov’è lei ? Continuavo a gridare. Una zia indicò la camera da letto.

Mamma. Mamma guarda cosa ti ho portato. Siamo tutti qui per te.

Siamo tutti con te’.

 

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1 commento

  1. Incroyable ce brownies!! Le marbré est juste une tuerie! J’adore et ca me donne des idées pour les gouters de ce weekend!

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