Johan Heldenbergh ovvero la Fede assoluta nell’Arte

Credete nelle coincidenze? Perché questa è una storia di coincidenze.

Il 23 Maggio decido di recuperare Alabama Monroe, il film di Felix Van Groeningen, nemico più temuto della nostra Grande Bellezza durante l’ultima notte degli Oscar, a detta di molti.

Schiaccio Play e i 111 minuti volano. Vedo scorrere i titoli di coda e decido di rileggere la bella recensione di Alabama Monroe scritta da Fabiola Palumbo, perché ora avevo tutti i pezzi del puzzle. Era tutto chiaro adesso, ed erano anche normali tutte quelle lacrime. Apro google e inizio a digitare il nome del regista, degli attori e ricostruisco le loro storie, o meglio, cerco di contestualizzare quel capolavoro cinematografico così perfetto. E poi lo trovo. Trovo il contatto di Johan Heldenbergh, attore e autore del soggetto da cui è tratto Alabama Monroe. Gli scrivo a caldo le sensazioni, il giudizio e i complimenti, come fosse uno dei miei contatti preferiti nella mail. Non pensavo ad una risposta, ma soprattutto non pensavo ad una sua risposta immediata.

Forse è stata una coincidenza, forse la sincerità è sempre apprezzata, forse ho usato delle parole che andavano premiate. Tutto quello che è successo dopo quella mail, lo trovate qui sotto. La prima intervista italiana a Johan Heldenbergh è mia.

 Sei uno scrittore, attore e regista, un uomo davvero poliedrico. Ma qual è stato tra questi il tuo primo ‘lavoro’ ? E in quale ti senti più a tuo agio?

Sono principalmente un attore, mi sento molto più a mio agio sul palco. Ho iniziato a scrivere solo per tre motivi. Prima di tutto io non credo nei repertori, anche se provo molto rispetto per scrittori come Shakespeare o Tschechow, sono convinto che ognuno debba raccontare la propria storia, una storia personale. Dobbiamo raccontare qualcosa che ha a che fare con la società in cui viviamo. Ti faccio un esempio. Non basta andare sul palco per dire indirettamente qualcosa sulla guerra in Siria, attraverso una rappresentazione teatrale (con una tragedia greca, per esempio). Io credo che si debba andare sul palco per dire quello che è il TUO PENSIERO su quell’argomento, quindi quello che TU PENSI della guerra in Siria.

Il secondo motivo è che non volevo deprimermi in casa aspettando una proposta di lavoro. La divisione tra attore e regista/sceneggiatore è datata. Ho capito che volevo raccontare delle storie. L’ultimo motivo, cara Isa, sono le influenze di italiani come Dario Fo e Pippo Delbono.

Nel 2006 hai fondato la compagnia teatrale Compagnie Cecilia, mettendo in scena molti spettacoli. Cos’è per te il teatro? E cosa ti dà di diverso dal cinema?

Il teatro è la mia professione. Quando sono in vacanza, invece, lavoro per i film. E’ molto facile, non è impegnativo perché capisci che sei solo una piccola parte dell’ingranaggio. Dopo aver girato, sai che saranno comunque altri ad occuparsi della pellicola. In questo modo tu sei solo un attore, solo un ragazzo che ha la responsabilità di portare materiale interessante con cui gli altri lavoreranno. E infine non prendi alcuna decisione, quindi non hai alcun tipo di stress.

Il teatro è molto più libero, è un mezzo di comunicazione con il pubblico. Per esempio, se vai sul palco e dici di avere 80 anni, tu non hai mai bisogno di una trasformazione per fare quel ruolo. Devi solo avere un’intesa con il tuo pubblico. O ancora, a teatro posso ricreare un paesaggio spaziale senza alcun effetto.

Mentre per il cinema è tutto diverso: devi passare ore e ore al trucco ogni giorno e hai bisogno della luce giusta. Tutto è ricreato con regole precise e non hai la libertà assoluta che c’è nel teatro.

Il cinema. Hai iniziato la tua carriera d’attore sul grande schermo nel 1995 con il lungometraggio Antonia. Di queste pellicole, c’è qualcuna a cui sei maggiormente legato?

Ho un feeling fortissimo con Steve + sky, il primo lungometraggio di Felix Van Groeningen, perché nonostante la sceneggiatura non sia delle migliori, è stata la prima volta che ho provato quella strana sensazione che ti dà un’ottima interpretazione grazie un ruolo bellissimo. E poi mi piace molto lavorare con Felix.

Sicuramente il personaggio che sento più vicino è quello di Didier Bontnick/Monroe in Alabama Monroe, perché è la mia storia. Ho scritto di me e della mia vita. Lì c’è la mia anima e sono molto orgoglioso di questo lavoro e non smetterò mai di ringraziare Felix per aver deciso di fare questo film.

Alabama Monroe – The Broken Circle Breakdown, un film diretto da Felix Van Groeningen che vi ha portato la nomination come Miglior Film Straniero all’ 87a edizione degli Oscar. Da italiana sono felice per la vittoria del nostro regista Sorrentino, ma non ti nego che tutti vi abbiamo temuto. Alabama Monroe è una Poesia, è Musica, è Vita e Morte. Si sarebbe potuto intitolare tranquillamente Eros e Thanatos.

So che te l’avranno chiesto in molti, ma ti va di raccontarci com’è nata l’idea di questo tuo racconto che ha ispirato il film? Ha qualcosa di autobiografico?

Io volevo raccontare la mia storia e dire la mia su diverse cose. In primis, dire la mia sulla religione e su come religione e politica siano nuovamente legate l’una all’altra. E da ateo io credo fermamente che politica e morale debbano essere liberate dall’influenza della religione. E anche l’uomo deve liberarsi dell’idea di un Dio vendicativo.

Allo stesso tempo, credo che ognuno sia libero di affidarsi a ciò che vuole e trovare consolazione nella fede, soprattutto quando vive una grande perdita o cerca di superare tutte le preoccupazioni che questo momento storico ci mette davanti. So che potrebbe sembrare una contraddizione ma non lo è.

Per raccontare tutto quello che avevo dentro, ho iniziato ad ascoltare la musica bluegrass e soprattutto i “white gospel”. Queste musiche erano come uno specchio nero, perfette per creare tensione e con l’ascolto è venuta fuori la storia più triste che potessi immaginare: la storia di Didier, Elise e Maybelle. E’ nato tutto per la Musica.

Veerle Baetens_ Johan Heldenbergh:

Quando hai deciso o ti hanno chiesto di farlo diventare un film?

Felix mi ha chiesto di fare il film dopo aver letto la storia. Io ho accettato subito perché sentivo che dentro quella storia c’erano 25 film: 24 meno buoni e uno ottimo! Mi sono fidato completamente del regista, perché sapevo che avrebbe trovato il modo migliore per metterla in scena.

Quindi credi che il film sia rimasto fedele al tuo scritto o manchi di qualche parte che ritenevi importante?

L’arte del Cinema è raccontare una storia con meno parole possibili ed è incredibile come Felix sia riuscito a fare questo, trasmettendo le stesse emozioni che avevo scritto io nel testo e preservando la stessa struttura dei dialoghi nonostante alcuni tagli. Perciò, ti rispondo di sì, è la stessa storia che ho scritto ed è riuscito in un’impresa estremamente difficile per il cinema. Solitamente si resta fedeli con l’adattamento teatrale, ma con il cinema è cosa più rara.

Una soundtrack Bluegrass . Quanto ha inciso l’accompagnamento musicale nella pellicola? E sai davvero suonare il banjo?

E’ stata molto importante. La musica in Alabama Monroe è diretta, emozionante ed onesta. E’ assolutamente una musica acustica e che dà completezza alla pellicola. E’ stata l’unica condizione che ho dettato a Felix. La Musica in questo film ha lo stesso ruolo di un personaggio perché Alabama Monroe è nato nella Musica.

Ho imparato a suonare il banjo, la chitarra e un po’ di mandolino nel 2007. E’ il regalo più grande che mi sono fatto nella vita: l’abilità e l’opportunità di suonare musica.

Dopo aver visto Alabama Monroe ho avuto tre pensieri principalmente: continuare ad ascoltare per il resto della vita bluegrass, piangere e vederti recitare in un film di Quentin Tarantino. Ti piacerebbe lavorare con lui?  E c’è qualcun altro – anche del passato – con cui ti sarebbe piaciuto lavorare?

Sono il più grande fan di Tarantino. Lui ha trasformato il modo di scrivere le sceneggiature e lo considero un pioniere del cinema dei giorni nostri. Mi ha influenzato moltissimo nella scrittura in teatro con la sua ironia, la sua violenza, il suo humour, i suoi dialoghi e infine la sua umanità. Sono quasi geloso di lui! E’ il Mozart dei nostri tempi! E per rispondere alla tua domanda, credo che avrei tantissima paura a lavorare con lui.

Altri con cui mi piacerebbe lavorare o mi sarebbe piaciuto lavorare…Billy Wilder sicuramente, è il mio sceneggiatore e regista preferito di sempre. Poi ci sono John Ford, Federico Fellini, Sergio Leone, Woody Allen, Roy Anderson e tutti i registi danesi (per dire, io avrei votato Jagten / The Hunt agli Oscar).

Da italiana è naturale chiederti: c’è qualche film italiano che hai amato?

Io amo il cinema italiano. Il buono il brutto e il cattivo, Il portiere di notte, Io sono l’amore, Novecento, Il bidone, Le notti di Cabiria e TUTTI i film di Nanni Moretti. 

Il mio film italiano preferito resta di Federico Fellini.  Ogni volta che lo vedo diventa sempre più brillante, molto probabilmente perché invecchiando capisco sempre di più Guido e Federico. Sai che per questo amore verso Fellini, ho anche preso lezioni di italiano? Poi mi sono fermato quando è nata mia figlia.

Cosa c’è nel futuro di Johan Heldenbergh? Quali nuovi progetti?

Non so. Un futuro aperto. La mia vita è migliorata dopo Alabama Monroe e non vorrei cambiare nulla. Mi piacerebbe continuare a fare molto teatro e se c’è tempo lavorare per nuovi film. Vorrei lavorare anche in altri Paesi come Francia, Danimarca e Italia. Vorrei fare tanto, anche se sono consapevole di non potermi spostare per troppo tempo perché sono prima di tutto un padre.

Per ultimo, un giorno vorrei scrivere e dirigere un film tutto mio. Ma non ho fretta, quindi aspetto solo che venga fuori una storia valida per il cinema ed impossibile da rappresentare in teatro. 

Photo: nieuwsblad.be , arts.nationalpost.com.

Voglio ringraziare Veronica Di Martino per la traduzione italiano – inglese // inglese – italiano. Un regalo inestimabile che ha permesso di realizzare un sogno.

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