PSG-Inter 5-0: La Notte che ha Scritto un’Opera | di Francesco Cassese

Monaco di Baviera, 31 maggio 2025 – Finale di UEFA Champions League

Nella città dei re bavaresi, dove le architetture gotiche incontrano l’eleganza contemporanea, si è consumato un atto teatrale di proporzioni storiche. Il PSG, da sempre il club dei grandi sogni e delle grandi delusioni, ha finalmente dipinto il proprio Giudizio Universale: un 5-0 che riecheggia tra le colonne dell’Allianz Arena come un’eco destinata a restare.

 L’Atto Primo: la Rinascita del Club Maledetto

Per anni il Paris Saint-Germain è stato lo “Chopin del calcio europeo”: melodico, elegante, ma mai completo. Troppo spesso vicino al trionfo, troppo fragile nei momenti decisivi. Ma ieri sera qualcosa è cambiato.
Luis Enrique ha fatto da regista e compositore, trasformando una squadra di talenti disuniti in un’orchestra sinfonica, in grado di suonare una partitura perfetta dal primo all’ultimo minuto.

Allo scoccare del 12’, Hakimi ha scritto il primo movimento: un’incursione da spartiacque, come un taglio di Fontana sulla tela. Lì si è aperta la partita, e con essa una nuova era.


 L’Artista Prodigio: Désiré Doué

A 19 anni, il giovane francese è entrato nel pantheon dei predestinati. Due gol, un assist e una presenza scenica che ricordava i grandi del passato. Ma Doué ha qualcosa in più: la grazia sfrontata della giovinezza e la precisione di un incisore.Il suo primo gol al 20’ nasce da un’azione rapida sulla sinistra: Dembélé sfonda e serve un pallone preciso sul secondo palo. Doué controlla con il petto e conclude al volo; la deviazione di Dimarco rende il tiro imparabile. Non è un capolavoro individuale, ma è una pennellata rapida, istintiva, che buca la tela.Il secondo gol, al 63’, è ancora più emblematico della sua freddezza: servito da Vitinha con un passaggio filtrante, Doué si ritrova davanti a Sommer e lo batte con un tocco secco, chirurgico, rasoterra. È l’atto di un artista consapevole, che conosce il proprio valore e sceglie di non esagerare. Niente effetti speciali: solo bellezza pura nella semplicità del gesto.


 PSG: Un’Opera a Tre Movimenti

  1. Tecnica: Luis Enrique ha ridisegnato il PSG come un’opera Bauhaus. Tutto è funzionale. Ogni passaggio ha un senso. Hakimi e Kvaratskhelia volano sulle fasce come pennellate diagonali.
  2. Tattica: L’Inter è stata svuotata. Il centrocampo mai in ritmo, Lautaro murato come un’opera incompiuta.
  3. Simbolismo: Il quinto gol, firmato da Senny Mayulu all’87’, è stato come il sigillo di un artista su una tela: non necessario, ma definitivo.

 L’Inter: L’Antieroe Tragico

Perché un’opera funzioni, serve anche la caduta. E l’Inter è caduta. Simone Inzaghi, che aveva guidato i nerazzurri con maestria in tutta la competizione, ha visto la sua squadra disgregarsi come un palazzo veneziano sotto l’acqua alta. Solo due tiri in porta, zero reazione, e una difesa colpita come se fosse vetro di Murano. Nessun lampo, nessuna ribellione. Solo la presa di coscienza che si stava facendo la storia. Ma non a proprio favore.


 Il Triplete e l’Immortalità

Con questo trionfo, il Paris Saint-Germain completa il suo triplete storico (campionato, coppa nazionale, Champions League), e Luis Enrique diventa il secondo allenatore a riuscirci con due club diversi, dopo Pep Guardiola.

Ma oltre ai numeri, c’è il messaggio. Il PSG ha smesso di essere una collezione d’arte moderna e ha scelto di diventare una cattedrale gotica: strutturata, verticale, potente, emozionante.


 Lo sport è arte. E questa finale ne è la prova definitiva.

Il calcio ha i suoi Caravaggio, i suoi Raffaello, i suoi Pollock.
E a Monaco, il PSG ha firmato una delle tele più audaci mai viste in una finale europea.


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