#RoFF20 | La vita va così è il film di apertura

La XX edizione della Festa del Cinema di Roma ha scelto di aprire i battenti con un titolo tutto italiano, un segnale forte e simbolico: un cinema che torna a parlare di noi, dei nostri luoghi e delle nostre contraddizioni. E Milani, autore da sempre attento ai temi civili e sociali, risponde con una storia che unisce cuore, territorio e consapevolezza.

Una Sardegna che diventa anima

La storia copre vent’anni di vita di una comunità costiera sarda, sospesa tra tradizione e modernità.
C’è Efisio (un Diego Abatantuono sorprendentemente intenso), pastore testardo che non vuole vendere la sua terra; c’è Francesca, sua figlia (una bravissima Virginia Raffaele, in una prova matura e malinconica), divisa tra la voglia di partire e il dovere di restare; e c’è Giacomo, l’imprenditore che vede nel mare un affare, non un’eredità.

Il tutto sullo sfondo di una Sardegna autentica, non da cartolina ma da vivere: venti, pietre, silenzi e cieli che parlano.
Milani la racconta con amore, quasi con pudore. È una terra che respira, che soffre e che osserva i suoi abitanti cambiare insieme al mondo.

Il cinema civile che sa sorridere

Milani torna ai toni che lo contraddistinguono: commedia popolare con l’anima civile.
Come in Come un gatto in tangenziale, sa alternare leggerezza e impegno, ma qui il sorriso ha un peso diverso — è più consapevole, più adulto. Il regista non punta a dividere buoni e cattivi, ma a mostrare il prezzo di ogni scelta.
Difendere la terra non è solo un gesto politico, è anche un atto di amore, di identità. E forse anche un modo per chiedersi chi siamo, oggi, in un Paese che cambia in fretta e dimentica ancora più in fretta.

Cast e sensibilità

Il trio Abatantuono–Raffaele–Baglio funziona sorprendentemente bene.
Ognuno di loro porta un frammento diverso dell’Italia che il film vuole raccontare: Abatantuono dà spessore al personaggio di Efisio, che parla poco ma dice tutto con gli occhi. Raffaele si muove con grazia tra emozione e ironia, confermandosi attrice vera. Aldo Baglio, malinconico e ironico, regala uno dei personaggi più umani del film, lontano dai suoi ruoli comici.

Non mancano le figure corali — i paesani, la giudice, i turisti — che arricchiscono la storia di mille sfumature di realismo.

Non tutto fila perfettamente — qualche dialogo troppo esplicito, qualche ritmo altalenante — ma La vita va così convince perché è vero, perché ci mette davanti al tempo che passa e alle scelte che definiscono chi siamo.

In un panorama spesso distratto, Milani ci ricorda che la vita, appunto, va così: tra compromessi, errori, e una costante ricerca di equilibrio.

Roma, vent’anni di cinema e passione

Che La vita va così abbia aperto la XX Festa del Cinema di Roma è una scelta significativa.
Il festival — arrivato a un traguardo importante — guarda alle radici del cinema italiano, al suo potere di raccontare il reale senza perdere la leggerezza.
Dopo anni di aperture internazionali, questa edizione sembra voler ribadire quanto affermato nelle ultime edizioni (2023 C’è Ancora Domani, 2024 Berlinguer. La grande ambizione, ndr) : “ripartiamo da casa nostra”.
E lo fa celebrando un cinema che non ha paura di essere emotivo, che parla con sincerità e che cerca ancora un dialogo con il pubblico.

La Festa, curata da Paola Malanga, ha confermato così la sua vocazione: un evento popolare ma raffinato, dove il grande cinema incontra la vita di tutti i giorni.