RoFF20 – Hedda di Nia DaCosta – un classico che brucia ancora

Con Hedda, Nia DaCosta torna a un cinema più intimo dopo i blockbuster Marvel e firma una rilettura elegante e inquieta del dramma di Henrik Ibsen. Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’50, il film segue una notte di festa che diventa una trappola emotiva, dove desiderio, potere e repressione esplodono in silenzi e sguardi taglienti.

Tessa Thompson è una Hedda Gabler magnetica e contraddittoria: raffinata, manipolatrice, ferita. Accanto a lei, Nina Hoss offre una controparte intensa nel ruolo di Eileen Lovborg, che introduce una tensione queer esplicita ma mai gratuita. La regia di DaCosta muove la macchina da presa con grazia febbrile, trasformando gli spazi chiusi della casa in un labirinto psicologico.

Visivamente, Hedda è sontuoso: luci calde e ombre profonde, costumi che evocano Dior, una colonna sonora ipnotica di Hildur Guðnadóttir — forse un po’ troppo presente, ma efficace nel sostenere la tensione.

DaCosta, dopo Little Woods, Candyman e The Marvels, conferma la sua versatilità: qui ritrova la forza del dramma umano, il coraggio di riscrivere un classico e un’attenzione acuta per i personaggi femminili complessi.

Non tutto è perfetto — a volte la forma prevale sul cuore — ma Hedda resta un film potente, pieno di desiderio, eleganza e furia trattenuta. Un ritorno d’autrice che segna una maturità nuova per Nia DaCosta.